Articolo pubblicato su Norme e Tributi Plus _ il Sole 24 ore
28 settembre 2023 – Avv. Annunziata Candida Fusco
Il D. M. 109/2023, entrato in vigore il 26 agosto scorso, introduce regole dettagliate in materia di albi ed elenco nazionale dei ctu, in attuazione di quanto previsto dalla cd. riforma Cartabia con legge delega 206/2021 e il D. Lgs 149/2022. Le nuove disposizioni di attuazione del codice di procedura civile difatti prevedono un rinvio al regolamento ministeriale deputato a introdurre norme concernenti i requisiti di iscrizione e le modalità di tenuta degli albi e dell’elenco (art. 13, comma 4; art. 15, comma 6; art. 16, comma 2, n. 5 bis, d.a. cpc).
Albi ed elenco sono tenuti esclusivamente in modalità telematica (art. 39, D. Lgs. 149/2022; art. 8, comma 1, D. M.): con provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, saranno stabilite le specifiche tecniche per la formazione, la tenuta e il costante aggiornamento in modalità informatica degli albi e dell’elenco (art. 8, comma 3, cit.).
La prima importante novità è la struttura degli albi presso i tribunali, divisi in categorie, secondo quanto già previsto dall’art. 13 d.a. cpc, e in settori di specializzazione. Mentre per le categorie il decreto integra quelle già indicate al comma 3 dell’art. 13 cit. (si tratta di sette categorie, per l’esattezza), per i settori di specializzazione esso le definisce tutte ex novo, secondo quanto disposto dal comma 4 dello stesso art. 13.
Tra i requisiti soggettivi che l’aspirante deve possedere al momento della presentazione della domanda se ne sottolineano alcuni che spiccano per la loro peculiarità.
Possono essere iscritti all’albo coloro che, tra l’altro, “sono in regola con gli obblighi di formazione professionale continua, ove previsti” (art. 4, comma 1, lett. b) e “sono dotati di speciale competenza tecnica nelle materie oggetto della categoria di interesse” (lett. d).
Quanto al requisito sub lett. b), il successivo comma 3 dell’art. 4 dispone che “gli obblighi di formazione professionale continua di cui al comma 1, lettera b), sono quelli previsti dai rispettivi ordinamenti professionali o, per le professioni non organizzate in ordini o collegi, dall’associazione di cui all’articolo 2 della legge n. 4 del 2013 alla quale è iscritto l’aspirante”. Va qui ricordato che non tutte le professioni ordinistiche hanno l’obbligo della formazione continua, cosa destinata a creare una certa disomogeneità tra i vari iscritti all’albo.
Quanto invece al requisito sub lett. c), il comma 4 dell’art. 4 dispone che “il requisito della speciale competenza tecnica previsto dal comma 1, lettera d), sussiste quando con specifico riferimento alla categoria e all’eventuale settore di specializzazione l’attività professionale è stata esercitata per almeno cinque anni in modo effettivo e continuativo”.
Rispetto alla verifica della speciale competenza tecnica il legislatore ha preferito il criterio quantitativo dei cinque anni di esercizio effettivo e continuativo della attività, svincolandolo da requisiti quali, ad esempio, il numero di incarichi ricevuti per anno. Vi è però alla lettera m) dell’art. 5 un cenno a questo aspetto: nella domanda di iscrizione va indicata “l’attività svolta, con particolare riguardo a quella degli ultimi cinque anni”.
In alternativa all’esercizio effettivo dell’attività per cinque anni, il successivo comma 5 dell’art. 4 consente all’aspirante di ottenere l’iscrizione in presenza di almeno due dei presupposti indicati nelle lettere a), b), c), ossia: “a) possesso di adeguati titoli di specializzazione o approfondimento post-universitari, purché l’aspirante sia iscritto da almeno cinque anni nei rispettivi ordini, collegi o associazioni professionali; b) possesso di adeguato curriculum scientifico, comprendente, a titolo esemplificativo, attività di docenza, attività di ricerca, iscrizione a società scientifiche, pubblicazioni su riviste scientifiche; c) conseguimento della certificazione UNI relativa all’attività professionale svolta, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato”.
A guardar bene, sembra si tratti di requisiti che denotano una forte preparazione teorica svincolata dal profilo pratico ed esperienziale.
Per completezza, degne di nota sono alcune altre disposizioni che completano il profilo dell’aspirante ctu: la domanda di iscrizione (art. 5) deve contenere, oltre alla “formazione scolastica, universitaria e post-universitaria e i titoli di studio conseguiti” (lett c), “gli eventuali specifici percorsi formativi volti ad acquisire adeguate competenze nell’ambito della conciliazione, nonché sul processo e sull’attività del consulente tecnico (lett. d).
Non può che accogliersi con favore la previsione di adeguata competenza nella materia conciliativa, attitudine che si chiedeva già di fatto nella prassi ai ctu e particolarmente rimarcata in materia di atp con scopo conciliativo (art. 669 bis cpc). Stessa osservazione anche per la necessità di una competenza nella materia processualcivilistica all’interno della quale il ctu svolge il suo ruolo di ausiliario del giudice.
Infine, il consulente può essere iscritto in una o più categorie e/o settori di specializzazione e può ottenere una sospensione volontaria dall’albo per una durata non superiore a nove mesi.