Commento a Cass. sez. III, ord. 13 settembre 2023 n. 26427
Con la recente ordinanza che si si commenta brevemente, la Cassazione ripercorre il suo orientamento in materia di risarcimento del danno da disservizio provocato da compagnia aerea al passeggero, facendo saggia applicazione di principi ormai consolidati.
Il caso riguarda un passeggero di un volo internazionale (extracomunitario), che viaggiava con la compagna aerea XX, il quale perdeva la coincidenza a causa di un ritardo di 45 minuti. In conseguenza di ciò, veniva dirottato su un altro volo destinato a farlo rientrare in Italia, ma ciò lo costringeva a pernottare a sue spese nella città di scalo. Agiva perciò innanzi al Giudice di pace di Pisa, chiedendo ed ottenendo la condanna del vettore al pagamento di 600,00 euro per danno costituito dal disservizio arrecato. La compagnia aerea impugnava la sentenza innanzi al Tribunale di Pisa, il quale rigettava l’appello, confermando la pronuncia del primo giudice. Per niente soddisfatta, la compagnia impugnava ancora innanzi alla Cassazione, la quale, anch’essa, come vedremo, respingeva il ricorso.
Mentre la compagnia aerea cerca di appigliarsi a tutti i possibili cavilli legati alla natura intercontinentale ed extraeuropea del volo, la Cassazione boccia su tutti i fronti le sue tesi; a nulla serve invocare che nelle condizioni generali di contratto fosse scritto che il vettore si impegna a portare il passeggero a destinazione, ma non necessariamente in orario.
La Corte controbatte citando espressamente tutte le norme di riferimento sia civilistiche che convenzionali (Convenzione di Varsavia del 1929 e Convenzione di Monteral del 1999) nonché i principi già consolidati della sua stessa giurisprudenza.
Premessa fondamentale è che, al di là di quanto specificato nelle condizioni di viaggio, in base alla Convenzione di Vienna che si applicava al caso di specie, il vettore “è responsabile del danno risultante da un ritardo nel trasporto aereo di viaggiatori, bagagli o merci”.
“Tra gli obblighi sanciti a carico del vettore rientra quello di garantire il rispetto degli orari di viaggio, con il logico corollario che, in assenza di qualsivoglia prova volta a vincere la presunzione di responsabilità in capo alla compagnia, il ritardo nella tratta (Omissis)-(Omissis) integra un’ipotesi di inadempimento contrattuale con esposizione della compagnia aerea al risarcimento dei danni conseguenti”.
Precisa la Corte che, trattandosi di responsabilità contrattuale, gli oneri probatori a carico del danneggiato sono più attenutati laddove compete al vettore dare dimostrazione della sua diligenza nell’adempimento:
“vertendosi in un caso di responsabilità contrattuale, il danneggiato è onerato solo della prova della fonte del proprio diritto e deve limitarsi ad allegare la circostanza dell’inadempimento mentre è il debitore ad essere onerato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa (v. Cass., Sez. Un., n. 13533 del 2001. Cfr. altresì, con riferimento alla Convenzione di Montreal, Cass.,23/1/2018, n. 1584, ove si è affermato, in relazione all’onere probatorio proprio della responsabilità del vettore aereo, che in tema di trasporto aereo internazionale di persone, regolato dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e dal Regolamento CE n. 261 del 2004, il passeggero che agisce per il risarcimento del danno cagionato dal negato imbarco, dalla cancellazione(inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova dell’esistenza del contratto di trasporto (ossia produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente) ed unicamente allegare l’inadempimento del vettore, spettando a quest’ultimo dimostrare l’esatto adempimento della prestazione ovvero l’imputabilità dell’inadempimento a caso fortuito o forza maggiore ovvero ancora il contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261del 2004″)”.
Quanto all’area dei danni risarcibili, la Corte ha chiarito che vanno applicati gli artt. 1223 e 2697 cc, “sicchè il debitore inadempiente risponde solo dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento” con l’ulteriore specificazione che è risarcibile anche il danno non patrimoniale consistente “ nello stress, nell’ansia e nel disagio scaturiti dalla lesione del diritto di circolazione (che ha rilievo costituzionale ex art. 16 Cost.), la quale va intesa come limitazione alla libertà di movimento derivante dall’indisponibilità dei propri oggetti personali durante una parte del soggiorno all’estero” (v. Cass., 6-3, n. 4723 del15/2/2023)”.
Alla luce di quanto richiamato, La Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse fatto corretta applicazione di tutti i principi e che l’importo liquidato per il disagio arrecato, quantificato in 600,00 euro, fosse giusto ed equo. Condanna alle spese del giudizio di cassazione.
© Annunziata Candida Fusco
Si allega la pronuncia tratta dalla Banca dati La Tribuna plus