In questa sentenza la Cassazione decide di confermare la condanna in primo e secondo grado nei confronti del proprietario di un bar per maltrattamenti sotto forma di mobbing sessuale ai danni di tre ragazze che avevano prestato attività lavorativa nel bar dallo stesso gestito nonché per violenza sessuale nella forma meno grave di cui all’art. 609 bis u.co cp ai danni di due delle predette.
Secondo la Cassazione determinati atteggiamenti quali abbracci, baci, battute, mani sui fianchi, allusioni sessuali di qualsiasi tipo, comportamento abituale e quotidiano del gestore dell’attività, sono identificabili come mobbing sessuale per di più aggravato dalla minaccia del velato licenziamento nel momento in cui le ragazze avessero avuto qualcosa in contrario o si fossero ribellate.
Nella motivazione la Cassazione evidenzia però, come già fatto dalla Corte di appello, che gli atteggiamenti del datore di lavoro non si limitavano a quanto detto ma persino i cocktail del bar avevano nomi con allusione sessuale, esponendo cosi le ragazze ad abituali e penose battute da parte della clientela, se non addirittura talvolta a richieste sgradevoli da parte dei frequentatori del bar che giocavano col possibile doppio senso dei nomi, addirittura offendendole talvolta ledendo la loro sfera sentimentale e sessuale.
Insomma è indubbia la natura sessuale degli atteggiamenti del datore di lavoro tenuti nel suo locale durante l’orario lavorativo sotto la minaccia di licenziamento “in un’atmosfera di pesante promiscuità dove persino i nomi dati ai cocktail associati agli ordini dei clienti mettevano in imbarazzo le sue dipendenti”
Sfortunatamente per il barista, ricorrente in Cassazione, gli Ermellini, pur accogliendo il motivo della prescrizione del reato di maltrattamenti, ha poi dichiarato inammissibili gli altri tre motivi proposti.
Con evidente rivincita delle tre donne sotto tutti i punti di vista!
Enrica Magri , stagista presso lo Studio Legale Fusco