Le seguenti considerazioni nascono da un caso da me recentemente seguito che mi ha dato modo di riflettere ancora una volta su di un argomento non nuovo e su cui ancora qualcuno prova a “mercanteggiare”, mi si passi il temine poco carino. Ma poco carini sono stati i modi usati dalla “spettabile compagnia” nei miei confronti.
Dopo aver trattato e “concordato” con il perito incaricato dalla compagnia (su sua espressa richiesta) il danno materiale per conto di un mio assistito, resto in attesa di pagamenti che non arrivano. Dopo aver ricevuto una proposta di onorari per euro 400,00 per il mio intervento (sorta liquidata euro 1.200,00), ed aver inoltrato pro forma di fattura, in realtà non ci perviene nulla. Solleciti inutili, nessuno ci degna di uno straccio di riscontro. Solo a seguito di ripetute email, ci viene comunicato che il danneggiante disconosce il fatto. Poi però ci si ripensa e, dopo ulteriore perizia di riscontro e perizie incrociate, si invia, senza alcuna ulteriore trattativa e con modalità differenti da quelle richieste, un assegno postale comprensivo di sorta e competenze, queste ultime decurtate a euro 200,00. Lavoro raddoppiato (email, solleciti, domande, risposte, di nuovo verifiche, ecc ecc), ma spese legali tagliate della metà.
Inoltro reclamo all’ufficio reclami dell’impresa e mi viene risposto, tra le altre cose, che le competenze legali sono solo un danno indiretto, per di più da me non dimostrato; che non è affatto vero che il perito aveva ricevuto il potere di “concordare” detto importo, il quale invece deve essere deciso o ratificato dal liquidatore; che, magnanimo, per puro spirito conciliativo, aveva ritenuto di riconoscermi il congruo compenso di euro 200,00! Insomma, mi ha fatto davvero un gran favore!
Ovviamente, inoltro esposto all’Ivass lamentando la violazione di ogni regola di buona condotta e di ogni buona prassi instauratasi tra compagnie e danneggiati nel settore della rca; ricordo che le compagnie dovrebbero comportarsi con correttezza e trasparenza verso i danneggiati ma anche verso i professionisti, tenuto conto non solo delle norme del settore ma anche dei tanto sbandierati codici etici, oltremodo osannai nelle campagne pubblicitarie dai protagonisti felici e sorridenti per essere coccolati e tutelati dalla loro assicurazione di fiducia. Infine, ricordo che, a proposito di compensi per assistenza stragiudiziale, le cose non stanno proprio come dice l’ufficio reclami della spettabile compagnia sia se si guarda la normativa vigente (art. 148 D. Lgs. 209/2005) sia se si richiama la giurisprudenza recente e meno recente della Cassazione, intervenuta copiosa sul punto.
Orbene, sinteticamente, rifacciamo il punto su una questione di diritto tanto nota quanto consolidata, sebbene non per tutti, visto che ancora c’è chi fa finta di non (ri)conoscere gli orientamenti degli egregi (loro sì) ermellini.
Ancora recentemente la Cassazione ha ribadito che, in materia di risarcimento danni per rca, le spese per assistenza legale in fase stragiudiziale costituiscono una voce dell’intero danno risarcibile; più precisamente, esso è da considerare un danno emergente (art. 1223 cc) e come tale va richiesto alla controparte (la compagnia assicurativa). Lo stesso dicasi per le spese per assistenza di un patrocinatore stragiudiziale o di un perito che effettui la stima del danno al veicolo (stesso principio per qualsiasi altro tipo di consulenza). Ciò vuol dire che dette spese vanno sempre ricomprese nella trattativa bonaria che si intrattiene prima di instaurare il giudizio e che le stesse sono da costituire parte integrante di quella congrua offerta di cui all’art. 148 cit. Da non dimenticare, infatti, che ai sensi dei commi 2, 6 e 7 del citato articolo, l’impresa ha l’obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare l’offerta; solo se il danneggiato dichiara di non voler accettare l’offerta, l’impresa corrisponde la somma decisa.
Mi pare quindi illogico rispondere al consulente legale che le sue competenze non sono motivate né documentate, viste le trattative svolte e le attività note (messa in mora, corrispondenza, assistenza in sede di ispezione, successiva trattativa e corrispondenza; copiosi solleciti per richiesta di informazioni; rinnovo ispezione veicolo e discussione sulle contestazioni; solleciti per rettifica degli importi e dello strumento di pagamento; eventuale restituzione dell’assegno non richiesto ecc. ecc. ecc.); mi sembra altresì illogico e assolutamente irrispettoso della normativa vigente riferire che per mero spirito conciliativo si riconosce un compenso che potrebbe quindi anche non essere dovuto. In spregio ad ogni buon principio sull’equo compenso di tutti i professionisti (lavoratori anch’essi).
Sull’orientamento giurisprudenziale sopra riportato si veda per tutte l’eccellente Cassazione – Sentenza 20 febbraio – 29 maggio 2015, n. 11154, la quale cita testualmente le più risalenti Cass. 2275/2006, Cass. 11606/2005), di cui si riportano estratti.
“Va rilevato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, “il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali. (Cass. n. 2275/06, Cass. 11606/2005). Ora, anche qualora non si volesse condividere l’orientamento giurisprudenziale riportato, resta il fatto che i compensi corrisposti dal danneggiato al proprio avvocato (o ad un perito diverso da quello medico legale) per l’attività stragiudiziale devono poter formare oggetto di domanda di risarcimento nei confronti dell’altra parte a titolo di danno emergente, quando siano state necessarie e giustificate”.
“Orbene, in tema di danni consistiti in spese erogate a professionisti di cui danneggiato si sia avvalso per ottenere il risarcimento del danno, quel che rileva ai fini della risarcibilità è unicamente la sussistenza di un valido e diretto nesso causale tra il sinistro e la spesa. Dunque le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all’avvocato), ma in base alla loro effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, D.P.R. n. 254 del 2006, ex art. 9, comma 1, dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato. Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di”causalità”, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”. Da ciò consegue, ovviamente, che il D.P.R. n. 254 del 2006, art. 9, comma 2, se inteso nel senso che esso vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali, deve essere ritenuto nullo per contrasto con l’art. 24 Cost., e va disapplicato”.
La sentenza richiama, come si può chiaramente comprendere, la nota questione della legittimità costituzionale dell’art. 9 del DRP 254/2006, che, si ricorderà, limitava la ripetibilità alle sole spese “accessorie” sostenute per consulenza medico legale. Su questa vicenda, ormai superata, non vogliamo qui ritornare.
L’obiettivo di questa breve riflessione era soltanto quello di ribadire come ancora oggi alcune note compagnie (melius: imprese assicurative) si arrampicano assai miseramente su fili sottili di una ragnatela fatta di grossi buchi. Buchi costituiti dalla finta ignoranza di norme e giurisprudenza per giustificare comportamenti arbitrari tesi ad alimentare quel contenzioso che la trattativa bonaria ex art. 148 Cda e la negoziazione assistita ex l. 162/2014 (altro strumento altamente disertato dalle compagnie) vogliono invece disincentivare. Chi vigila su tutto ciò? Chissà cosa risponderà l’Ivass.
Giurisprudenza utile oltre a quella richiamata: Cass. Civ. sez. III, ord. 4306/2019 depositata il 14 febbraio 2019; Cass. Civ. sez. un. 10 luglio 2017 n. 16990; Cass. 2 febbraio 2018 n. 2644; Cass. Civ. VI, ord. 13 marzo 2017 n. 6422.
© avv. Annunziata Candida Fusco