Nota a commento di Cassazione civ. sez. II, ordinanza, 20 marzo 2023 n. 7922
Il caso esaminato dalla Cassazione stupisce prima di tutto per la notevole durata processuale, cosa che non dovrebbe sorprendere nel nostro Paese, data la lunghezza media dei processi; sennonchè, protagonista dell’incresciosa vicenda è una disabile, una donna interdetta, invalida al 100%, affetta da cerebropatia neonatale, incapace di compiere gli atti della vita quotidiana.
Il 17 aprile 2004 la ragazza subiva un incidente mentre era a bordo del pulmino della cooperativa sociale che la accompagnava, per conto della Ausl, al centro di terapia occupazione di Riccione, riportando lesioni personali.
La sorella, in qualità di tutrice, citava in giudizio per il risarcimento dei danni sia la cooperativa che la Ausl, che aveva commissionato il servizio di trasporto dei disabili, chiamando successivamente in causa anche la compagnia assicurativa Assitalia che copriva la rca per il pulmino. La Ausl declinava la propria responsabilità sostenendo di aver appaltato il servizio di trasporto alla cooperativa; la cooperativa declinava la propria responsabilità sostenendo di non aver alcun rapporto contrattuale con la trasportata e precisava che la caduta costituiva fatto accidentale; l’assicurazione declinava la propria responsabilità sostenendo che il fatto non rientrava tra quelli coperti dalla rca, in quanto non era frutto di sinistro stradale.
La sentenza di primo grado
“Il Tribunale di Rimini, con sentenza n. 1682/2010, riconosceva la responsabilità ex art. 2043 c.c. della Cooperativa Sociale La Romagnola, per non avere adottato le necessarie cautele, richieste dalle circostanze del caso, per salvaguardare l’incolumità della passeggera, tenuto conto delle sue condizioni fisiche e psichiche, condannandola, a tale titolo, al pagamento di Euro 7.120,49, escludeva, invece, la responsabilità dell’Ausl (omissis), non ravvisando a suo carico nè una culpa in eligendo, nè una sua ingerenza nell’esecuzione del contratto di appalto che avesse degradato il ruolo della cooperativa a mera esecutrice dei suoi ordini”.
La sentenza di secondo grado
“La Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 2564/2019, ha riformato quella di prime cure, rigettando la domanda proposta da P.D. -nella qualità – condannandola a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza del Tribunale ed al pagamento delle spese di lite relative al giudizio di primo grado sopportate dalla società Cooperativa La Romagnola Onlus ed al pagamento delle spese di lite affrontate nel giudizio di appello dalla società cooperativa e dalla Ausl (omissis)”.
La sorella della donna disabile proponeva ricorso in Cassazione.
Il terzo grado di giudizio e la motivazione della Cassazione
La suprema Corte va subito al cuore del problema; la questione da dirimere è la seguente: seguente:
“se la Cooperativa, deputata al trasporto di disabili, sia o meno responsabile dei danni occorsi a P.M., invalida al 100% e oligofrenica, cadendo nella discesa dall’autobus che era solita prendere per recarsi presso il centro di terapia occupazionale”.
Va precisato che la disabile cadeva dal pulmino mentre scendeva da fine corsa. Quindi non vi era stato un sinistro stradale.
Precisa la Corte che la cooperativa aveva assunto un incarico ben preciso, ossia non un generico servizio di trasporto, ma un trasporto di persone disabili, che richiedeva un inevitabile grado di diligenza maggiore e circoscritto, dovendo sicuramente aver cura di persone con elevato grado in incapacità.
“La cooperativa aveva in gestione il servizio di trasporto di disabili, vale a dire di persone trovantesi in una situazione di conclamata vulnerabilità, le quali erano ad essa affidate, allo scopo di essere accompagnate dalla loro abitazione al luogo ove svolgevano terapia occupazionale e viceversa; la gestione da parte della cooperativa di tale servizio, anche e proprio perché riservato ad una particolare tipologia di utenti, privi, per essere fisicamente impediti, psichicamente disturbati o comunque in una condizione di difficoltà, della capacità di assumere ed attuare pienamente le proprie opzioni e scelte di carattere domestico ed esistenziali, le imponeva l’adozione di modalità di gestione del servizio di tra-sporto/accompagnamento che comprendessero tutte le idonee cautele, in concreto, necessarie ed esigibili da un operatore diligente (cioè attento ed oculato), prudente (cioè che adottasse le misure precauzionali richieste dalla fattispecie concreta) e perito (cioè di provata conoscenza e capace di sapiente attuazione delle regole tecniche proprie di una determinata arte o professione)”
“Tutt’altro che da sottovalutare, anzi dirimente nella vicenda per cui è causa, è che il servizio svolto dalla Cooperativa La Romagnola fosse non quello di trasporto di persone tout court, bensì quello di trasporto di persone disabili; vuol dire che era stato predisposto un servizio di trasporto proprio per far fronte alle esigenze di superamento delle barriere architettoniche, da intendersi come qualunque impedimento per la vita sociale e personale, di persone con disabilità (cfr. art. 26 della L. 5/02/1992, n. 404, per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap)”.
“Ebbene, P.M. versava in condizioni di vulnerabilità accertate e note alla cooperativa ed è innegabile che per il fatto che la cooperativa avesse assunto l’obbligo di trasportarla e che si fosse instaurata una relazione con la fonte di pericolo era sorto un dovere di sorveglianza a suo carico, da intendersi alla stregua di un munus e di una funzione liberamente accettati e come tali riconoscibili all’esterno, sì da assumere rilevanza erga omnes (Cass. 16/06/2005, n. 12965), giacché il principio di affidamento implica che un soggetto viene a trovarsi nella sfera di custodia e di vigilanza di altro soggetto che sia in grado di seguirne e controllarne le azioni affinché non si verifichino effetti pregiudizievoli (Cass. 01/06/1994, n. 5306 e successiva giurisprudenza conforme);
non poteva non conseguirne la legittima pretesa che la cooperativa tenesse un comportamento “diligente”, da valutare ex art. 1176,2 comma, c.c. norma operante anche in ambito extra contrattuale, in ragione dello statuto dell’attività esercitata (Cass. 08/07/2020, n. 14260, la diligenza richiesta nell’espletamento delle attività di controllo e di sorveglianza non può considerarsi in astratto, o in assoluto, ma va commisurata al caso concreto e alle circostanze di tempo e di luogo di volta in volta presenti);
risulta, dunque, evidente che il grado di diligenza e di controllo dovesse essere più intenso proprio in considerazione della vulnerabilità dei fruitori del servizio, in ragione delle loro particolari condizioni soggettive”.
“Nessun rilievo aveva il fatto che la caduta di P.M. fosse avvenuta a seguito della discesa dal pullmino, perché l’assunzione dei compiti di trasporto dei minori così come delle persone con disabilità deve considerarsi inscindibile “dall’assunzione di compiti di assistenza e di vigilanza sulle persone trasportande durante gli intervalli nei quali questi ultimi doveri non siano ad altri rimessi nè siano assolvibili negli ambiti delle famiglie o della scuola” (Cass., Sez. Un., 20/04/1991, n. 4290); non è consentito disinteressarsi di quanto accade agli studenti e ai disabili anche nella fase prodromica alla salita sul mezzo ed in quella successiva alla discesa, per tutto il tempo in cui i trasportandi non sono affidati alla custodia di altri soggetti (Cass. 5/09/1986, n. 5424)”.
La Corte, nella lunghissima motivazione, aggiunge ancora che la caduta non poteva considerarsi fatto accidentale (caso fortuito) e come tale in grado di liberare la cooperativa da responsabilità. Infatti, spiega accuratamente:
“L’evento fortuito libera da responsabilità solo se si accerti in concreto che esso era imprevedibile ed inevitabile; la Corte territoriale avrebbe, in altri termini, dovuto accertare: i) se la cooperativa avrebbe potuto con la diligenza esigibile prevedere quanto poi in effetti accaduto; ii) se la cooperativa avrebbe potuto concretamente adottare condotte diverse, e salvifiche, rispetto a quella concretamente nella specie tenuta”.
Nel caso di specie non ricorrono gli estremi del caso fortuito, non essendo stato compiuto nessun accertamento in tal senso.
Infine, e di non meno importanza, la Cote chiarisce che si verte in ambito di responsabilità extracontrattuale, in particolare la fattispecie è ascrivibile all’art. 2049 cc.
“Non è inutile osservare che la responsabilità della cooperativa sociale non esclude il rilievo, ai sensi degli artt. 1228 e 2049 c.c., di quella della Ausl (omissis) che ad essa aveva affidato il servizio di trasporto dei disabili: la cooperativa, infatti, ha assunto nella vicenda per cui è causa il ruolo di preposto/ausiliario nell’adempimento della prestazione cui la Ausl era tenuta ex lege nei confronti della danneggiata; l’esternalizzazione dell’attività di trasporto dei disabili, cioè la possibilità che essa sia resa anziché dall’ente pubblico da organizzazioni privatistiche si ispira al principio della sussidiarietà … sicché, in applicazione del principio cuius com-moda eius et incommoda, ovvero dell’appropriazione o “avvilimento” dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, deve ritenersi che la Ausl avesse assunto il rischio per i danni risentiti dal terzo o dal creditore della prestazione cagionati dalla cooperativa sociale e che, in applicazione del principio, di conio giurisprudenziale, della mera occasionalità necessaria tra esecuzione della prestazione e danno, tra cui sussista un collegamento obiettivo, dovesse rispondere dei danni cagionati dal preposto/ausiliario (Cass. 18/04/2019, n. 10812; Cass. 14/02/2019, n. 4298; Cass. 22/11/2018, n. 30161)”.
In conclusione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso … giustizia è fatta!
Per la lettura integrale della sentenza si rinvia al link https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=29777:cassazione-civile,-sez-3,-20-marzo-2023,-n-7922-responsabilit%C3%A0-di-ausl-e-cooperativa-per-la-caduta-del-disabile-dal-pulmino-sicurezza-nel-trasporto&catid
© Annunziata Candida Fusco