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La prova del sinistro stradale all’epoca degli smartphone: il tempo delle cause fatte solo con i testi è finito!

La prova del sinistro stradale all’epoca degli smartphone: il tempo delle cause fatte solo con i testi è finito!

Commentiamo finalmente anche noi la sentenza Cass. sez. VI civ., 5 ottobre 2022 n. 28924, da poco reperita in versione integrale.

Senza entrare nel merito di altre questioni pure affrontate dalla Corte, ci soffermiamo sull’aspetto tanto discusso della insufficienza della sola prova testimoniale nelle cause per risarcimento danni da sinistri stradali.

 

Il caso

Il fatto prende le mosse da una sentenza del Giudice di pace di Benevento.

Tizia citava in giudizio Caio e Caia, proprietario e conducente del veicolo Fiat Idea, nonché la compagnia assicurativa che copriva la rca del veicolo predetto, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti nel sinistro stradale provocato dai due citati soggetti. Si costituiva la compagnia assicurativa ed eccepiva l’improcedibilità e/o inammissibilità della domanda per inosservanza degli artt. 147 e 148 Cod. Ass. Contestava inoltre nel merito l’an e il quantum debeatur.

Il Giudice di pace di Benevento riteneva fondate le eccezioni della compagnia assicurativa. Nel merito, rigettava la domanda attorea “perché non era stata efficacemente provata la dinamica del sinistro né la ricorrenza dei danni alla carrozzeria denunciati” (sent. 133/2018).

Tizia proponeva appello innanzi al Tribunale di Benevento per una serie di motivi che venivano tutti respinti. Il tribunale beneventano “riteneva il percorso logico-giuridico seguito dal Giudice di pace immune da censure” (sent. 1939/2020).

La sentenza del Tribunale di Benevento veniva impugnata innanzi alla Corte di Cassazione, che confermava la decisione dei due giudici di merito.

 

I motivi del ricorso

In particolare, i profili qui esaminati sono circoscritti al secondo motivo di impugnazione.

La ricorrente riteneva erronea e solo apparentemente motivata la sentenza del Tribunale in quanto rigettava nel merito la richiesta risarcitoria “senza far riferimento agli elementi probatori acquisiti, per non aver – nell’ipotesi in cui la deposizione testimoniale fosse risultata generica – posto alcuna domanda ai testi a chiarimento, per non averli riconvocati  e per aver attribuito rilievo ad un fatto – il mancato intervento sul luogo teatro dell’incidente della forza pubblica – non imputabile alla danneggiata”.

La sentenza d’appello del Tribunale di Benevento dava atto che il Giudice di pace beneventano aveva lamentato “la mancata produzione di qualsiasi rilievo fotografico del luogo del sinistro, della posizione delle due autovetture, dei danni riportati dall’auto”.

“Ai tempi degli smartphone, ma anche dei più tradizionali telefonini cellulari, desta inquietante perplessità il fatto che non sia stata fatta alcuna foto del sinistro, della posizione statica degli autoveicoli dopo il sinistro, degli stessi autoveicoli e dei danni subiti. Nemmeno i meccanici e i carrozzieri, che usano fare foto agli autoveicoli quando sono coinvolti in incidenti stradali, prima di ripararli, risulta che abbiano fornito all’attrice rilievi fotografici, o comunque, questa, pur avendoli, non li ha prodotti in giudizio”.

Così il Giudice di pace beneventano.

Spiega la Corte che questa argomentazione si basava inoltre sul rilievo che l’atto di citazione risultava generico nella descrizione della dinamica e dei punti d‘urto e detta genericità non era stata superata nemmeno in fase istruttoria, «non bastando a tal fine le prove testimoniali non accompagnate “dalla descrizione della precisa dinamica del sinistro e quindi dall’indicazione di circostanze fattuali concrete idonee a porre il giudicante di valutare autonomamente se il fatto si è effettivamente verificato, in che modo si è verificato e di chi sia la colpa” pertanto “generiche e prive di valore ai fini ricostruttivi”».

Il Tribunale a sua volta, avallando il Giudice di pace, concludeva affermando: “stante l’attuale tecnologia a disposizione delle parti in ogni momento, il tempo delle cause risarcitorie per sinistri stradali fatte solo con testimonianze è finito. Ben più adeguato deve essere l’impegno delle parti attrici nell’adempiere all’onere della prova”.

Giusta o sbagliata che sia, la motivazione c’è, dice la Cassazione. Piuttosto è la ricorrente che, a tutti i costi, vuole dare una differente chiave di lettura del materiale istruttorio laddove i giudici di merito hanno adeguatamente fatto applicazione dei poteri in tal senso loro riconosciuti dalla legge, avendo dato congrua e coerente argomentazione dell’iter logico giuridico seguito. La ricorrente insiste nel sostenere che era dovere del giudice fare domande ai testi, interrogarli fino a far emergere quanto non ritenesse adeguatamente provato, eventualmente richiamandoli in aula, potendo egli incalzare col porre domande utili.

Non così stanno le cose, chiarisce la Corte che ricorda la sua stessa giurisprudenza costante secondo cui le lacunosità delle dichiarazioni dei testi non possono essere imputate al giudice, il quale ha solo la facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 cpc, di natura esclusivamente integrativa, ma “non può rendersi artefice di un’inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell’articolazione probatoria, non potendo il giudice svolgere un ruolo di supplenza (Cass. 05/0672018 n. 14364; Cass. 12/02/2008 n. 3280) e non potendo introdurre, mediante le sue domande, fatti nuovi ed estranei a quelli sui quali il convenuto ha potuto prendere posizione nella memoria di costituzione”.

Tutto quanto detto, la Corte rigetta il ricorso e condanna alle spese.

© Annunziata Candida Fusco