Avv. Annunziata Candida Fusco | Email: info@avvocatofusco.com | Tel. 3397586021
Niente mantenimento al figlio maggiorenne che non si adopera per la ricerca di un lavoro: Cass. ord. 7 ottobre 2022 n. 29264.

Niente mantenimento al figlio maggiorenne che non si adopera per la ricerca di un lavoro: Cass. ord. 7 ottobre 2022 n. 29264.

La vicenda processuale affronta un triste caso di disagio sociale aggravato dal persistere di un retaggio culturale che la stessa giurisprudenza fa fatica a smantellare.

Una ragazza di circa trent’anni, madre di un bambino e con un compagno, a causa delle sue disagiate condizioni economiche, continua ad insistere nella richiesta di mantenimento a lei assegnato, in occasione di divorzio dei suoi genitori, all’età di ventidue anni.

Nel frattempo, avendo interrotto gli studi dopo aver conseguito la licenza media, ha svolto lavori occasionali a nero, a continuato a vivere con la madre nonostante un compagno, pizzaiolo, e un bambino.  

Il padre, onerato del mantenimento, è un disabile, sottoposto ad amministrazione di sostegno: chiede, perciò, la revoca dell’assegno in considerazione del mutare delle circostanze, ossia dell’ inequivocabile dato  del raggiungimento della maggiore età della ragazza, accompagnato dalla mancanza di un “comportamento responsabile e idoneo a rendersi indipendente”.

Mentre la Corte d’Appello di Napoli respinge l’istanza di revoca, la Cassazione accoglie il ricorso del genitore, ritenendo che la corte napoletana ha errato nella sua valutazione delle circostanze.

La Cassazione ribadisce il suo orientamento in materia esclusione del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne e non economicamente autosufficiente: andranno valutati l’età del figlio, per cui al crescere dell’età sicuramente decresce la possibilità di continuare a percepire l’assegno; l’effettivo raggiungimento di di un livello di competenza tecnica e professionale; il concreto impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (Cass. 17183/2020).

Ciò detto, la Corte risolve il caso ad essa sottoposto affermando che la ragazza non si era affatto attivata per la ricerca di una seria occupazione; che anzi, alla soglia dei trent’anni, essendo ormai madre ed avendo un compagno, continuava a vivere con la madre e a pretendere il mantenimento quasi come forma di sussidio sociale laddove invece altre sono le forme di sostegno al reddito in situazioni di disagio.

Anzi, conclude la Corte, “le considerazioni di ordine sociologico a proposito delle condizioni nel mercato del lavoro del meridione d’Italia, non ottengono di motivare la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte di un genitore sottoposto ad amministrazione di sostegno per disabilità; esse stesse sarebbero indicative, semmai, della necessità della figlia di far ricorso, con un minimo di responsabilità, agli strumenti di sostegno sociale, in aggiunta alla dedotta condizione di persona non stabilmente occupata in un’attività di lavoro; di contro, un atteggiamento inerziale da questo punto di vista non può essere – neppure astrattamente – riversato sulla persistenza di un diritto al mantenimento di natura indeterminata”.

Degno di rilievo, a mio avviso, il passaggio in cui la Corte chiarisce che, venuto meno il diritto all’assegno di mantenimento, al massimo “resta ferma solo l’obbligazione alimentare, da azionarsi nell’ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso”.

Insomma, una spinta significativa a sganciarsi da un atteggiamento culturale che vede l’ancoraggio alla famiglia come panacea di tutti i disagi che andrebbero diversamente risolti e guariti.

© Annunziata Candida Fusco

 

Cass 29264 del 2022